sabato 27 giugno 2015

L'allenatore

Eccomi qua, dopo sette giorni, ancora con un dolore lancinante alla schiena che non accenna a diminuire. La colpa è mia. Ho accettato di giocare l'ennesima partita di calcetto, ma l'ho fatto con un impegno molto superiore a quello che il mio stato di forma consentirebbe. Il fatto è che lunedì alla partita è venuto anche Danilo. Danilo non è solo una persona fisica, un bel giocatore e un amico: è un allenatore nato. Da sempre, sia che ci giochi contro, sia che ci giochi a fianco, imposta e dirige il gioco con l'esempio e la parola. Ti dice cosa devi fare, come devi farla e quando e poiché la superiorità calcistica che dimostra è evidente, ti senti spronato a dare di più, a seguire le sue indicazioni a cercarne il consenso. Per questo ti sforzi di tornare in difesa più di quanto non ti capiti di solito, cerchi di rimanere concentrato e di non fare passaggi avventati, di non azzardare il solito dribbling che da anni ormai non ti riesce, ma che continui a provare ostinatamente nelle partitelle tra amici. La partita è stata tirata, inutile sottolinearlo e al termine avevo la magnifica impressione di aver fatto una sana faticata, anche se ho perso. Pensavo di essere l'unico ad aver provato queste sensazioni. Poi ho chiamato Andrea ed ho scoperto che anche lui si era sentito talmente responsabilizzato dalla presenza di Danilo in campo, che se lo era sognato anche la notte, svegliandosi distrutto dalla fatica e contratto. Gli allenatori fanno questo effetto e non solo nel calcio. Li riconosci perché emanano carisma e competenza e ti senti spronato naturalmente a dare il meglio, a dispetto delle conseguenze. Ce ne sono pochi, però, di allenatori in campo, sempre meno, e anche se la mia schiena non è d'accordo, è davvero un peccato.

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