sabato 25 gennaio 2014

I BEI TEMPI ANDATI, storia di due trasferte

Ho solo quarantatré anni, ma mi comporto come anziano borbottone. Mi basta poco a volte per partire con una serie di "Ai tempi miei..." preceduto da un classico "Che ne sapete voi..." e via dicendo. Poco tempo fa ho avuto una ghiotta occasione per pontificare alla grande, ma non l'ho sfruttata immediatamente e l'effetto è stato interessante. Avevo ricevuto un invito da Raffaele, grande amico mio ritrovato, per andare a vedere una partita della Salernitana. L'occasione era ghiotta: seguire la nostra squadra del cuore in trasferta a pochi chilometri dalla capitale per una tranquilla partita di Coppa Italia di serie C. L'ultima volta che Raffaele e io avevamo seguito la Salernitana in trasferta risaliva all'anno di grazia 1994. La partita era Avellino- Salernitana, girone di ritorno del campionato di serie C girone B, il primo che assegnava tre punti per vittoria e che la Salernitana di Delio Rossi vinse imponendosi con il gioco e lo spettacolo. In quella occasione capitan Breda aveva segnato al 76* con un fantastico tiro da distanza siderale. All'epoca eravamo giovani e incoscienti e decidemmo di seguire la squadra in una trasferta difficile con i mezzi che avevamo a disposizione, vale a dire la 128 rossa della famiglia Cuomo. La gloriosa Fiat era stata una scelta azzardata, ma ponderata. Sapevamo che ad Avellino avremmo potuto subire danni materiali ingenti, quindi pensammo bene di usare un mezzo "sacrificabile". Per questo, tra la mia Alfasud del 1978, blu Posillipo, detta anche "la presidenziale" e la 128, si pensò che la seconda avrebbe fatto più al caso nostro e così fu deciso. La 128 è una macchina robusta e semplice, ma gli anni l'avevano inevitabilmente fiaccata e veniva utilizzata solo per brevi spostamenti di emergenza in città. Il motore, infatti, aveva una curiosa tendenza a spegnersi, non reggeva il minimo. Io lo paragonerei a quello del sommergibile Sea Tiger del film Operazione Sottoveste: mai stati capaci di ripararlo. La mattina della trasferta ci ritrovammo in macchina in quattro e Raffaele ci diede pochi ragguagli fondamentali. "Guagliù - disse - la macchina si spegne se ci fermiamo o rallentiamo troppo e riparte solo a spinta". Era una notizia orribile: se ci fossimo fermati per strada ad Avellino avremmo potuto essere riconosciuti e fare una brutta fine, ma Raffaele ci somministrò la cosa come fa sempre quando deve dare brutte notizie, cioè ridendo e sdrammatizzando. Nonostante ciò in macchina calò un silenzio carico di tensione, ma sono questi i momenti che affratellano. Ci guardammo negli occhi decisi come compagni d'arme sul trasporto truppe, poco prima dello sbarco in Normandia. Raffaele capì, avviò la 128 e disse soltanto: "Andiamo!". In autostrada il morale era alto e abbandonammo ogni prudenza. Poi, però, arrivammo al bivio di Avellino. C'era un accenno di coda e la 128 rallentò. Il motore cominciò a tossire e Raffaele giocava con freno, frizione e acceleratore per non farlo spegnere. Scendere dall'auto in autostrada per spingere e farla ripartire sarebbe stato complicato e pericoloso. In silenzio pregammo perché la fila si disperdesse e così avvenne, dopo qualche momento che a noi parve un'eternità. Ma non era finita. Ci unimmo ad una piccola carovana di auto di tifosi diretti allo stadio, ma nessuno del gruppo sapeva la strada. La carovana rallentò e stava per fermarsi e noi fummo ripresi pesantemente dal panico, quando ecco che dal fondo della strada sopraggiunse una Espace piena di maglie granata e di facce sorridenti che si sbracciavamo al nostro indirizzo e ci invitavano a seguirli. Fu grazie a loro che riprendemmo velocità e giungemmo sani e salvi sotto la curva riservata a noi salernitani. Qualche volta penso che se avessero voluto farci uno scherzo avrebbero potuto farci arrivare in curva a Benevento o nel mezzo di una imboscata di tifosi avellinesi, tanta era la disperazione dalla quale ci sollevarono. Della partita ho già detto, il ritorno a casa andò liscio. 
A distanza di vent'anni esatti Raffaele ed io eravamo entrambi a Roma per lavoro, la Salernitana giocava a Frosinone. Non ci abbiamo pensato su più di tanto e abbiamo deciso: andiamo!
Ovviamente lo scenario era completamente diverso. Il mezzo di trasporto innanzitutto, una fiammante familiare nuova di zecca, ma anche la sistemazione allo stadio: niente più curva, ma tribuna vip, ospiti non paganti di un rinomato sponsor. Unica pecca: niente area accoglienza (quelle con hostess e aperitivo aggratis), ma in compenso abbiamo parcheggiato l'auto all'interno del recinto dello stadio. La partita si è conclusa con uno scialbo 0 a 0 e noi, confusi in tribuna con altri salernitani tra i tifosi del Frosinone, guardavamo con tenerezza ai dieci ultras salernitani presenti in curva. 
In macchina sulla strada del ritorno, pensavo a quanta distanza, e non solo temporale, ci fosse tra una trasferta e l'altra e sentivo che avrei dovuto rimarcarla, far notare quanto ci fossimo imborghesiti e quanta innocenza e incoscienza ci fossimo persi per strada. Ma più ci pensavo e meno mi sentivo in colpa. In fondo eravamo quattro signori di quarant'anni contenti di essersi imbarcati in una trasferta inutile e insulsa, anziché restare a lavorare o tornare a casa da figli e moglie: non è forse incoscienza questa?
La nostra non era stata una ragazzata fatta per ricordare i tempi andati, anzi, volevamo davvero andare a vedere la nostra squadra del cuore in trasferta e basta. Nessuna nostalgia, nessun amarcord. Soltanto una sana voglia di divertirsi rimasta intatta negli anni. Certamente il brivido della 128 e delle sue pause d'autore non ci aveva accompagnato e Frosinone non poteva definirsi una trasferta difficile o una partita importante, ma tutto il resto era rimasto lo stesso, compresa la sosta che ci concedemmo per strada. Non ci sedemmo a tavola in un ristorante, come avrebbero fatto quattro signori attempati, ma entrammo con naturalezza in una salumeria e lì, in piedi tra gli altri clienti, bevemmo Coca-Cola e mangiammo un panino al salame, rumorosi e inopportuni come sempre.

Grazie Rafè, grazie Gianluca.

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